Molti ritengono che i gatti, fieri ed indipendenti per antonomasia, non si possono addestrare oppure ci si riesce solo a costo di dolorose punizioni o costrizioni.
Chi conosce un poco il gatto può facilmente smentire la credenza che lo vede cattivo scolaro, ma può confermare che i metodi costrittivi non ottengono alcun risultato.
Ogni gatto per fargli o non fargli fare qualcosa è più facile e corretto, convincerlo che costringerlo. Questo non vuol dire che verso i gatti dobbiamo avere un atteggiamento permissivo temendo le sue vendette, anzi.
Solo un rapporto basato sulla coerenza, inflessibilità, perseveranza e pazienza, tanta pazienza, può far costruire un rapporto di reciproco rispetto.
Questo atteggiamento da parte dell’uomo non serve solo ad insegnare al gatto qualche esercizio o qualche particolare comportamento da mostrare agli amici, ma serve soprattutto ad evitare che il nostro gatto assuma paure, fobie, turbe del comportamento o particolari abitudini di vita che lo renderebbero un compagno poco piacevole.
Tutto ciò non deve essere visto come innaturale o come costrizione del normale comportamento del gatto ma come fase di apprendimento, come la scuola per un bambino, in cui il gatto impara a comportarsi in un ambiente, a fianco di esseri, a cui naturalmente non è abituato.
Non meno importante è considerare il fatto che l’indole dei felini e quindi anche del gatto è fondamentalmente pigra. La vita passata in una casa comoda, con il cibo sempre a disposizione sono un ulteriore motivo di inattività ed indolenza che il padrone può spezzare, con l’attività dell’addestramento, rendendo il proprio gatto meno “annoiato” e più attento.
Fondamentale nella riuscita dei nostri intenti deve essere la giovane età del nostro scolaro.
Chi ha mai detto che insegnare qualcosa da un gatto sia facile?
Ma con un po’ di pazienza non è impossibile impedirgli un certo comportamento, magari poco gradito al fine della nostra convivenza.
Per ottenere risultati è fondamentale ricordarsi che si devono rispettare certe regole legate alle tecniche di apprendimento tipiche del gatto.
Secondo queste tecniche per inibire un certo comportamento è più efficace proporne uno alternativo, a lui più gradito o addirittura incompatibile col comportamento improprio che impedirlo direttamente.
Per ottenere qualcosa da un gatto o per impedirgli di farne altre non si deve mai usare alcuna sorta di punizione fisica, queste ottengono solo che il gatto stesso ci temi o a massimo che non compia quell’azione in nostra presenza senza però avergli “insegnato” nulla.
I gatti sono molto sensibili agli spaventi o alle sgridate quindi per impedirgli qualche comportamento inopportuno come il graffiare, il mordere o salire su qualche mobile si può usare lo schizzo di una pistola ad acqua, il battere le mani, un fischio o altri rumori improvvisi come ad esempio un urlo secco e deciso come “No!”.
Questi rimproveri non devono mai essere seguiti improperi o commenti, utili per per scaricare la nostra rabbia ma al fine dell’addestramento utili solo a far assumere un atteggiamento di timore nei nostri confronti che offuscherà la sua fiducia nei nostri confronti riducendo le possibilità come educatori, cosa che invece non avverrà se il comando è rapido e deciso.
Questo tipo di tecnica non è assolutamente efficace se il comportamento inopportuno è già accaduto: il gatto, come il cane, ha la capacità di associare una punizione ad un comportamento solo se distanti l’uno dall’altro al massimo 10 – 15 secondi!
Quindi se, quando torniamo a casa, troviamo la pianta più bella sradicata non servirà a nulla punire il quel momento il nostro gatto. Una punizione fatta in quella circostanza servirà solo a terrorizzare il gatto. Forse in alcuni casi salveremo la pianta perchè il gatto in nostra presenza sarà così terrorizzato che non tenterà nessun azione ma sicuramente la pianta non sarà sicura in nostra assenza e non perchè il gatto è dispettoso, come speso si sente dire, ma perchè lui nonostante tutto non ha capito cosa deve o non deve fare.
Molti affermano che il proprio gatto (vale anche per il cane) sia capace di atti di vendetta conseguente a rimproveri “mal digeriti”. Tenendo conto che, allo stato attuale, non è stato ancora dimostrato che il gatto sia capace di sentimenti come la vendetta, è utile sapere perché certe volte il nostro gatto si comporta proprio come se ce la volesse far pagare per un torto subito.
Per comprendere tale atteggiamento dobbiamo conoscere i meccanismi di apprendimento del gatto che essendo molto differenti da quelli umani non permettono in nessun modo l’applicazione dei concetti di educazione validi per l’uomo.
Un gatto che compie una azione non corretta a cui fa seguito una punizione è capace di associare le due cose solo se la punizione gli viene impartita durante l’azione stessa o al massimo entro un tempo massimo di soli 5 secondi dalla fine dell’azione stessa. In altre parole, mai e poi mai un gatto capirà di aver compiuto un comportamento scorretto se la punizione gli arriverà dopo anche solo pochi minuti dall’evento.
Facciamo un esempio:
ai nostri occhi sarebbe corretto sgridare il nostro gatto se la sera, quando torniamo dal lavoro, troviamo la nostra bella pianta di fiori completamente distrutta.
Sicuramente l’impulso di un “…ora te la faccio pagare…” sarebbe più che comprensibile ma sarebbe solo un nostro sfogo senza la minima possibilità di apprendimento da parte del gatto.
Purtroppo invece quasi sempre non si resiste all’ira e puniamo il nostro gatto pensando che più è decisa la punizione e migliori saranno i risultati. Ma purtroppo non è così. Non solo non otteniamo il benché minimo cambiamento di comportamento ma creeremo i presupposti di una grande inimicizia.
Proviamo a vedere la situazione con gli occhi del gatto.
Come detto prima, le sue capacità logiche e di memoria non gli permettono di associare l’azione errata (distruzione della pianta) con la punizione che gli è arrivata successivamente quindi assocerà la punizione a quello che stava facendo in quel momento, cioè molto probabilmente niente. L’unico risultato che otterremo è che lui assocerà le punizioni a chi gliele ha impartite identificandolo come un soggetto negativo, da temere.
Ritornando al precedente esempio, cosa succederà?
Noi rinvaseremo la nostra bella pianta sicuri che la decisa punizione ha scongiurato per sempre qualsiasi altro attacco. Il gatto invece non ha minimamente capito per quale motivo è stato punito, tanto più non ha capito che non deve toccare la pianta.
Il giorno successivo il risultato è scontato: la pianta sarà di nuovo mira della sua attenzione, ma con una novità: al nostro rientro, il gatto ha un atteggiamento guardingo, timoroso.
Per chi non conosce il comportamento animale e si rifa’ alle nozioni di comportamento umano trae la facile deduzione che il gatto si comporta così perché in assenza del proprietario ha nuovamente distrutto la pianta per vendicarsi delle punizioni del giorno precedente ed ora sapendo di aver sbagliato ha un atteggiamento di questo tipo.
Interpretando il fatto secondo la logica felina capiremo che nessun gatto è capace di un atto di vendetta. Il suo comportamento è semplicemente la conseguenza del fatto che lui nonostante tutto non ha ancora capito che non deve toccare la pianta ma ha imparato che il suo padrone lo punisce senza motivo quindi è un essere a cui si deve temere e stare lontano facendogli assumere quell’atteggiamento timoroso.
Ora sicuramente molte persone saranno pronte ad affermare che il loro gatto ha corretto il proprio comportamento con la tecnica dell’esempio. Questo è possibile, ma non per i meccanismi che noi crediamo. Tornando sempre all’esempio di prima possiamo dire che se il proprietario continuerà a punire il proprio gatto ogni volta che torna a casa dopo un po’ di tempo il gatto smetterà di toccare la pinta facendoci credere che con grande difficoltà alla fine ha capito la lezione. Ma non è così.
Molto probabilmente avremo raggiunto il risultato atteso ma sicuramente i meccanismi non sono stati quelli che crediamo e non solo. Con frequenti punizioni, agli occhi del gatto immotivate, abbiamo ottenuto un soggetto che non sa più quale è, per lui, un comportamento corretto e quindi diventerà un soggetto inibito, pauroso ed insicuro che non solo non toccherà più la pianta ma non giocherà più o accetterà con grande difficoltà le attenzioni del padrone. In definitiva avremo perso per sempre la possibilità di instaurare un rapporto particolare con il nostro gatto perdendoci sensazioni inimmaginabili.
Una delle prime cose che si deve insegnare al proprio gatto è il riconoscimento del proprio nome.
Questo esercizio non serve per fare patetici e innaturali show con gli amici ma è un punto fondamentale nell’educazione/apprendimento del gatto e in caso di necessità per bloccare comportamenti, come le fughe, alcune volte pericolose per la stessa incolumità dello stesso gatto.
Per ottenere ciò il prima possibile conviene non usare nomignoli o diminutivi diversi ma usare sempre e solo il proprio nome che il gattino imparerà più facilmente se semplice e corto per rispondere prontamente ogni volta che lo si chiama.
Nell’educazione di una gatto i segreti sono: perseveranza, pazienza (tanta) e coerenza (rigorosa).
Tutto questo in pratica vuol dire che per esempio al gatto si devono far rispettare orari fissi per i pasti.
Per aumentare la sua obbedienza e la sua voglia di imparare è bene premiare con un bocconcino o con delle carezze ogni suo comportamento corretto. Nei primissimi mesi di vita è molto importante abituarlo a stare con la gente senza manifestare paura e ad avere un comportamento non aggressivo in particolar modo verso i bambini. Per ottenere questo è bene che stia il più possibile con le persone premiandolo quando mostra segni di socievolezza ed invece sgridarlo con fermezza e coerenza ogni volta che si mostra intransigente o addirittura aggressivo. Altri comportamenti che vanno evitati o corretti con una buona educazione sono il mendicare alla tavola, il cui assecondamento rende il gatto poco gradito, il frugare nell’immondizia, che oltre ad essere una cosa poco gradevole è anche molto pericolosa.
Ultimo consiglio al fine di avere risultati ottimali, ricordatevi che col gatto ci vuole pazienza-